Il futuro dell’ottica in Italia passa anche dai monomarca?

L’imminente apertura di uno store Ray-Ban a Milano San Babila e quella di Oliver Peoples a Roma ci fa credere che persino su questo argomento l’occhialeria stia voltando pagina

Nel mio intervento al convegno sul franchising di Firenze del maggio scorso avevo sottolineato come tra gli outsider della distribuzione dell’ottica ci fossero i negozi monomarca. Nonostante la loro presenza in Italia fosse quasi nulla la politica di alcune aziende dell’occhialeria, non solo Luxottica, mi faceva credere che il punto vendita monobrand fosse vicino alla sua prima eruzione. I tempi per alcuni aspetti sono maturi. Una volta tanto Roma si è mossa per prima. Capitale del turismo italiano, la città eterna ha già visto l’apertura di uno shop Moscot (nella foto) e ora anche quella di un negozio Oliver Peoples, il terzo in Europa dopo Londra e Madrid e ultimo di molti sparsi principalmente tra Stati Uniti, Giappone e Corea.
I marchi sopracitati sono simbolo di un’occhialeria di lontane tradizioni di produzione e design che conserva un pubblico quasi ascetico, che vuole fare della distinzione e del piacere un lusso reale. Il negozio Moscot riporta il pubblico alle origini del brand e del suo fondatore con una voluta grafica minimalista (l’insegna gialla con scritte nere è tipica delle prime insegne apparse in commercio), ma anche a un’immersione nel mondo del grande sogno americano e dell’eccellenza del suo manufatto. È indubbio che il cliente possa essere influenzato da questa atmosfera e ne percepisca un maggior valore aggiunto e un impatto emozionale diverso rispetto al medesimo acquisto fatto in un negozio tradizionale per quanto all’altezza del prodotto. Nella strategia di espressione di una marca il punto vendita monobrand è sotto solo al flagship store, pezzo unico e irripetibile cui si assegna un preminente valore comunicativo anche a dispetto del conto economico.
La notizia del Ray-Ban in piazza San Babila a Milano, giusto di fianco allo storico flagship Salmoiraghi & Viganò, è una sveglia improvvisa che porta il brand di Luxottica su valori espressivi mai toccati prima se non attraverso i corner e gli shop in shop gestiti da terzi. L’articolazione commerciale di Ray-Ban pare stia arrivando ai vertici della comunicazione di un marchio. Non parliamo qui di occhiali rivolti a un pubblico ristretto sia per il prezzo sia per la tipologia: si parla di milioni di pezzi, venduti anche sul web. Chi ha potuto “vivere” l’immersione in uno stand Ray-Ban in una delle nostre fiere può capirlo e farsene una ragione. La marca anche nell’ottica è diventata matura e vuole uscire dalla marmellata dei negozi tradizionali. Lo ha già fatto online. Oggi cerca l’alleanza e la complicità dello store monobrand, nel luogo deputato al rito del matrimonio con il suo cliente fedele. L’ottico se ne deve preoccupare? Non più di tanto. Questi episodi sono dettagli di un quadro ancora incompleto ma già interpretabile. Per un amante di Moscot, ad esempio, poter vedere tutte insieme 150 montature diverse nella forma, nel colore e nel calibro non può che essere un’esperienza irripetibile. E replicabile.
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