Oliver Peoples, la nuova campagna fa “decollare” l’eyewear

Rievoca le atmosfere dell’epoca d’oro dei viaggi la comunicazione del brand di proprietà di Luxottica, che nei giorni scorsi ha debuttato a livello internazionale

Ha preso il via Nineteen Sixties, una campagna che accende i riflettori sulla collezione autunnale di Oliver Peoples, marchio di stanza in California meridionale, e su un gruppo di personaggi influenzati dalle figure chiave della cultura pop degli anni Sessanta. «Rievocando il glamour dei viaggi aerei tipico di quel decennio raffinato, le immagini vibranti riassumono lo spirito alla base delle nuove montature in acetato Oliver Peoples d’ispirazione rétro», si legge in una nota del brand. Negli scatti della fotografa di moda Yulia Gorbachenko e nel video della regista emergente Eva Doležalová, lo storytelling si svolge sullo sfondo del celebre Twa Flight Center. Questa icona architettonica della Grande Mela è stata commissionata da Howard Hughes e progettata da Eero Saarinen. «Nineteen Sixties rende omaggio al clima di grande entusiasmo che circondava un’aviazione commerciale agli albori, ma anche ai temi più sentiti degli anni Sessanta che hanno ispirato Oliver Peoples», aggiunge il comunicato.

La campagna mostra i suoi carismatici personaggi (nelle foto) mentre attraversano l’aeroporto: gli attori “Roy e Sofia Hart”, la pilota “Willa Viper” e la rock star “Skinner Rey Jones” e la socialite “Cindy Sunset”, le cui vite si incrociano nel momento quando un annuncio dà il via alla storia in cui non tutti i personaggi riescono a prendere un volo per Los Angeles. La comunicazione segna il debutto dei due nuovi modelli dell’omonima collezione Nineteen Sixties, Cassavet e Merceaux, che, influenzati dallo stile degli anni Sessanta, si distinguono per l’estetica audace. Nella campagna sono evidenti gli omaggi a Intrigo internazionale e Prova a prendermi, «che favoriscono la coesione della storyline contribuendo al collegamento tra anni Sessanta, Oliver Peoples e un savoir faire transcontinentale di fondo», conclude la nota.

(red.)

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