Intelligenza artificiale: una app per la diagnosi dei disturbi visivi dei bimbi?

Secondo uno studio cinese pubblicato a fine gennaio su Nature Medicine, l’applicazione Apollo Infant Sight servirebbe a rilevare precocemente le patologie della vista in soggetti anche molto piccoli, distinguendone con precisione 16 attraverso l’analisi dello sguardo e delle espressioni facciali. «Fa paura, ma ha funzionato», commenta a b2eyes TODAY l’oftalmologo Paolo Nucci, sottolineando come in futuro bisognerà adeguarsi poiché «il fine, cioè la prevenzione, è importantissimo»

Quando si tratta di patologie e deficit visivi, la diagnosi precoce è fondamentale. Questa però spesso non è facilmente realizzabile nel caso di bambini molto piccoli, che sono in grado di collaborare solo in misura limitata con i test standard della vista, hanno spiegato su Nature Medicine i ricercatori cinesi autori dello studio, nel presentare Apollo Infant Sight, il sistema di mobile health basato su smartphone, il quale identifica i bimbi che soffrono di ben 16 disturbi oftalmici registrando e analizzando i comportamenti del loro sguardo e le reazioni facciali sotto stimoli visivi. Ma come è stato sviluppato tale sistema? Gli scienziati hanno utilizzato i video di 3.652 piccoli pazienti di età non superiore ai 48 mesi, girati mentre guardavano un filmato: hanno raccolto così un totale di oltre 25 milioni di fotogrammi, impiegati per analizzare le reazioni agli stimoli visivi di occhi, movimenti del capo, ammiccamenti ed espressioni del viso, ricorrenti e dunque riconducibili a una data patologia, che sono serviti poi ad allenare una intelligenza artificiale per riconoscere un occhio sano da uno affetto da un disturbo.

Ais è stato sviluppato e testato presso la clinica del Zhongshan Ophthalmic Center affiliata all’Università Sun Yat-sen, nella prima fase dello studio, è stato ulteriormente verificato in altri quattro centri nella seconda e infine in contesti domiciliari nella terza. Nelle prime due fasi i bambini inseriti nello studio sono stati sottoposti a esami oftalmici da parte del personale clinico e volontari addestrati hanno realizzato i video. Nella terza i ricercatori hanno selezionato online i genitori di un gruppo di bimbi per validare l’uso della app a casa: sebbene non esperti, seguendo le istruzioni di Ais hanno effettuato i filmati con uno smartphone. Tutti i piccoli sono stati successivamente sottoposti a una serie di esami oftalmici presso una clinica. Dai risultati dello studio è emerso che l’app è stata in grado di raggiungere valori elevati di sensibilità e specificità sia quando usata da oftalmologi sia da genitori. L’intelligenza artificiale ha diagnosticato un disturbo agli occhi con una precisione media in genere sopra il 90%. Date tutte queste caratteristiche la app potrebbe, secondo i ricercatori, avere un potenziale significativo nello scoprire precocemente i disturbi visivi.

Abbiamo chiesto a Paolo Nucci, presidente della Società di Oftalmologia Pediatrica e Strabismo e professore ordinario di Oftalmologia presso l’Università Statale di Milano, un’opinione sul corposo lavoro appena pubblicato. «Come tutti questi recentissimi studi sulla AI, inquieta un po' - risponde l'oculista a b2eyes TODAY - Pensare di osservare il comportamento e la mimica facciale per leggere delle problematiche di salute preoccupa: immaginiamo se una macchina potesse essere in grado di esaminarci inconsapevolmente per capire i nostri limiti oppure lo stato d'animo e le fragilità». Ma al di là di questa perplessità, cosa pensa della ricerca nello specifico? «Il lavoro è stato straordinariamente complesso e ben costruito, niente da eccepire - sostiene Nucci - Hanno esaminato 25 milioni di espressioni in frame estratti da circa 3.600 video di bimbi affetti da patologie mentre non si sentivano osservati e facevano la cosa più naturale del mondo: guardare un filmato. Milioni di fotogrammi analizzati e poi comparati con quelli di bimbi sani. Quindi vagliati in termini di valore predittivo e reliability su una popolazione naive, ossia senza disturbi, addirittura inserendo fattori confondenti, cioè cambiando posizione di ripresa, di luminanza, creando offuscamento: niente da eccepire, un gran bello studio. Fa paura, ma ha funzionato».

Quindi, inquietudine o no, in futuro cosa dovremo fare? «Adeguarci: il fine, cioè la prevenzione, è importantissimo, così come risparmiare risorse senza perdere capacità di detezione (di rilevare le anomalie, ndr) - afferma Nucci - L'infallibilità del sistema aumenterà con l'uso, così come succede a una chatbot: diventa sempre più capace di rispondere in maniera pertinente con il continuo addestramento».

N.T.

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