I dati Istat del primo trimestre 2025 non sono positivi per il consumo in Italia: le vendite al dettaglio sono diminuite dello 0,2% in valore e dello 0,5% in volume. La flessione riguarda sia i beni alimentari (-0,1% in valore e -0,5% in volume) sia i prodotti non alimentari (rispettivamente -0,4% e -0,6%). Non fatevi trarre in inganno dai numeri apparentemente piccoli. Sono tanti soldi e soprattutto la “anoressia alimentare” nell’acquisto di questi primi tre mesi è un dato socialmente imbarazzante e significativo anche per beni come, ad esempio, gli occhiali di fascia media.
Non possiamo voltarci dall’altra parte. È un momento difficile per le famiglie e i single monoreddito italiani. Non siamo un paese che si piange addosso, ma dal 2008 a oggi i salari sono regrediti dell’8,7% con una leggera ripresa nel 2024 del 2,3%. Siamo la peggiore performance salariale del G20. Se aggiungiamo l’inflazione dal 2008 a oggi (a Milano un chilo di pane comune costava fino a 3,61 euro, ora fino a 5,18 euro) dobbiamo pensare a un consumatore che ha gestito in maniera consapevole la situazione andando a prelevare anche parte dei propri risparmi, ma mai perdendosi d’animo.
Questa situazione ha già determinato dei cambiamenti nelle abitudini e nelle scelte relativamente ai grandi consumi. Ma anche nel mondo dell’ottica. Il sentiment indica un primo trimestre deludente sul piano dei volumi, pur a fronte di una tenuta del comparto alto spendente nell’eyewear. Tenuta presente, a valore, anche nell’oftalmica. Possiamo perciò disegnare un mercato a tre corsie. Quella a velocità sostenuta della fascia alta di montature e lenti da vista, che non risente della crisi e continua il proprio percorso senza particolari ostacoli. Quella centrale dell’e-commerce, che rimane lontano dai livelli dei negozi fisici ma che fa registrare buone performance. Infine, quella ad andamento lento di un retail che gioca sui numeri bassi e su un margine sorretto da soluzioni di qualità inferiore vendute a prezzi ancora favorevoli. Se così fosse, ma ci auguriamo che non lo sia, in Italia a breve avremo un problema: che ci vedremo peggio del 2008.
Nicola Di Lernia