Albertone, un uomo geloso del privato ma senza... filtri

Ricorre quest’anno il centenario della nascita di Alberto Sordi: il grande attore romano venne infatti alla luce a Trastevere il 15 giugno 1920. Poche, ma memorabili, sono le volte in cui sul set indossò degli occhiali, anche se nel corso di una lunga carriera costellata di capolavori “mise a fuoco” in maniera impareggiabile vizi, difetti e abitudini di un paese intero

Era geloso della sua vita privata, eppure è curioso che nelle poche foto che lo ritraggono in pubblico, Sordi non indossi mai occhiali scuri come i suoi colleghi. Anche sullo schermo porta raramente occhiali, da vista o da sole, con le dovute eccezioni.  

Indimenticabili gli occhiali neri (nella foto, tratta da lospettacolo.it), per coprire le finte lacrime, del vedovo inconsolabile, nel film, appunto, Il vedovo di Dino Risi (1959). Spodestata dall’iconica immagine degli spaghetti, quella di Sordi-Nando, stile Marlon Brando “de noartri” con berretto e occhialoni sulla motocicletta in Un americano a Roma (1954) di Steno. Grandi, tenuti sopra il cappello gli occhiali in Il vigile, film di Luigi Zampa ispirato a un fatto di cronaca (1960).

Pochi, ma con l’onore della locandina, “gli” Alberto Sordi con occhiali da vista. Ripetuto ben tre volte sul manifesto di Il moralista (1959) diretto da Giorgio Bianchi, in cui è il viscido segretario di un’organizzazione umanitaria. Sempre occhialuto in Tutti dentro (1984), dove è regista e interprete nel ruolo del giudice Salvemini, accanto a Joe Pesci.

E infine, sono scuri, vagamente a farfalla, gli occhiali di Alberto Sordi-Giovanni Alberti, piccolo imprenditore edile, incapace sul lavoro quanto amante della bella vita, che ha venduto un occhio a un ricchissimo costruttore, unico modo per pagarsi i grossi debiti accumulati. In Il boom di Vittorio De Sica (1963). 

Luisa Espanet

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