Brexit, il silenzio dell’ottica: prudenza o preoccupazione?

Abbiamo provato a interpellare alcune realtà del settore con sede, filiali o collegamenti nel Regno Unito, ma al momento le bocche sono cucite sui possibili esiti della decisione di martedì scorso della Camera dei Comuni, che ha bocciato il piano del Governo inglese per un’uscita morbida dall’Unione Europea

Gli unici a fare una considerazione, almeno generale, sono gli organizzatori di 100% Optical, se non altro per la quasi totale concomitanza tra la decisione del Parlamento britannico e la chiusura della sesta edizione del salone londinese. «La sensazione attorno al nostro evento è stata estremamente positiva e la Brexit non è stato un argomento di discussione tra i delegati, che hanno fatto ordini e sono positivi per il futuro - commenta a b2eyes TODAY Nathan Garnett, direttore di 100% Optical - Qualsiasi cosa succeda con la Brexit, e nessuno può dire con certezza in questo momento che cosa accadrà, l'unico aspetto di cui possiamo essere sicuri è che più persone avranno bisogno di correzione della vista in futuro a causa dell'invecchiamento della popolazione e le previsioni per le vendite di occhiali aumenteranno, a prescindere. Inoltre, qualunque sia l'esito, non cambia neanche la necessità di attrezzature tecnologiche all'avanguardia».
Al momento, dunque, è possibile solo fare qualche proiezione economica alla luce dei un’eventuale Brexit senza alcun salvagente politico. Come riportato in un dettagliato servizio di TG La7, il mancato accordo tra Unione Europea e Gran Bretagna potrebbe costare all’Italia 4 miliardi e mezzo di euro secondo i conti dell’Ice, che sarebbero pagati soprattutto dalle 40 mila imprese, per lo più piccole e medie, che esportano in Inghilterra, cui si aggiungono 900 realtà direttamente operanti nel Regno Unito: food, moda, arredamento e auto sarebbero i settori più colpiti. L’export italiano di occhiali da vista e da sole in quel mercato ha fatto segnare nel primo semestre 2018, secondo i dati diffusi da Anfao, una sostanziale stabilità (+0,4% in valore) rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, rivelandosi di fatto come l’unico tra i grandi sbocchi europei a mostrare un seppur timido segno positivo. Complessivamente quello britannico è per le esportazioni italiane il quarto mercato a pari merito con la Spagna: vale, sempre secondo l’Ice, 22 miliardi di euro, a fronte degli 11 miliardi che importiamo dalla Gran Bretagna, con un saldo quindi di circa 11 miliardi a favore, che la pone al secondo posto nella bilancia commerciale del nostro paese. Una Brexit dura potrebbe portare significativi cambiamenti soprattutto nei servizi finanziari e nelle regole doganali, che verrebbero equiparate a quelle del Wto, con nuove imposte e dazi sulle merci da e per il Regno Unito.
(red.)

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