Federottica: escludere gli ottici dalla prevenzione primaria rischia di non tutelare le persone

Le valutazioni di Aimo, a proposito dell’uscita da Cdv Onlus, hanno suscitato molto interesse da parte dei lettori e una serie di riflessioni. Oggi pubblichiamo quella che ci ha inviato Andrea Afragoli (nella foto), presidente della maggiore associazione dei centri ottici italiani

«La lettura del commento all’uscita di Aimo da Cdv Onlus, comparso su b2eyes TODAY dello scorso 11 marzo, ha suscitato in me un sentimento di rammarico. Premesso che quanto scrivo è espressione di un personale convincimento e che, pertanto, mi esprimo in nome e per conto di Federottica e non di Cdv, il sentimento di rammarico nasce dal non essere stati in grado di strutturare un tavolo di dialogo e di discussione, da noi fortemente desiderato, che ponesse le basi per una virtuosa e reciprocamente proficua convivenza interdisciplinare nell’ambito della gestione delle problematiche visive».
«In merito, invece, al concetto di prevenzione, temo di non essere affatto d’accordo con quanto espresso da Aimo con “la prevenzione è di esclusiva pertinenza medica”. E ben più importante del mio pensiero, ritengo che tale concetto, se trasferito a comportamenti reali da parte degli operatori della filiera, potrebbe avere una valenza decisamente negativa».
«Conosco la normativa di riferimento così come conosco le definizioni di principio in merito ai vari livelli di prevenzione espressi sia nazionalmente sia internazionalmente da svariate organizzazioni, fra cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità (si veda, a titolo d’esempio, il documento WHO “Universal health coverage-Primary health care towards universal health coverage” del dicembre 2018). Non è, però, in punta di diritto che vorrei organizzare il mio ragionamento: al contrario, vorrei portare le argomentazioni su un terreno molto pratico e concreto. Se per prevenzione si intende la diagnosi precoce (con riferimento, ad esempio, ad alcuni interventi di prevenzione secondaria), allora non vi sono dubbi: è compito esclusivo del medico. È stato affermato talmente tante volte che mi pare eccessivo ripeterlo. Se, al contrario, con prevenzione primaria intendiamo, come precisa il documento citato, "l'insieme di attività, azioni e interventi che, attraverso il potenziamento dei fattori utili alla salute e l’allontanamento o la correzione dei fattori causali delle malattie, tendono al conseguimento di uno stato di completo benessere fisico, psichico e sociale dei singoli e della collettività o quanto meno a evitare l’insorgenza di condizioni morbose”, allora la situazione che si prospetta è ben diversa».
«Abbiamo avuto modo, un paio d’anni fa, di mostrare come i centri ottici italiani inviano, ogni anno, circa 1.200.000 persone al medico oculista. Si tratta di una ricerca voluta da Federottica, senza valore statistico certo, ma i cui risultati sono comunque plausibili. Questo milione abbondante di persone non vengono inviate al medico in modo generico, semplicemente perché è giusto sottoporsi periodicamente a delle visite: sono state invitate a prendere un appuntamento con il medico oculista dopo che, in sede di un ordinario controllo optometrico, erano stati riferiti, o notati, segni che in ipotesi potevano far supporre la presenza di una patologia oculare. Non è forse prevenzione, questa? Quando durante una schiascopia, o durante un’autorefrattometria con determinati strumenti, viene notata a livello del cristallino una ridotta trasparenza, il consigliare una visita oculistica non è forse un atto di prevenzione? E quando una topografia corneale, o una più semplice cheratometria, mostra mappe o curvature compatibili con un’alterazione della cornea? Il consiglio rimane il medesimo: recarsi dal medico oculista. Sono molteplici, durante la nostra quotidiana attività, le situazioni di questo tipo: non è forse un atto di prevenzione saperle cogliere e trasmettere la necessità di un approfondimento diagnostico a opera di chi ne è deputato?».
«Ho volutamente fatto riferimento, in precedenza, alla possibilità di una valenza decisamente negativa, perché l’attività sopra indicata viene a oggi svolta per buonsenso e autonomamente in quanto non esiste - purtroppo - alcun protocollo condiviso per l’invio al medico oculista. Il buonsenso ci indica di cogliere i segni e riferirli, stimolando l’invio; ma se in questo clima già inasprito da altri eventi si innestasse il concetto che il buonsenso vada messo da parte perché “la prevenzione non ci riguarda”, la nostra quotidiana pratica ottico optometrica ne risentirebbe poco, mentre molto cambierebbe per quei soggetti che, grazie a un nostro intervento non diagnostico e men che mai terapeutico, possono essere messi nelle condizioni di essere curati al più presto».
«L’ho già scritto e detto, ma mi ripeto: la nostra capillare distribuzione sul territorio, la facile fruibilità dei servizi sono una potenziale risorsa anche nel campo della prevenzione; risorsa che non solo non andrebbe demonizzata, ma che sicuramente andrebbe sfruttata e valorizzata. Come? Con quali modalità? Siamo apertissimi al dialogo».
(red.)

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