I tre paradossi delle lenti oftalmiche

Incidono per oltre il 50% del fatturato di un centro ottico, ma non trovano spesso la giusta visibilità in negozio; hanno un elevato livello di personalizzazione, senza una evidente valorizzazione; e spicca una forbice tra valore e pezzi venduti, soltanto apparente: sono le particolarità che porta con sé il principale business del nostro retail

Esistono almeno tre paradossi riguardo la lente oftalmica.

Nella grande distribuzione lo scaffale è studiato scientificamente per poter dare lo spazio giusto ai prodotti più venduti e pubblicizzati. Nell’ottica la lente oftalmica in vetrina e in negozio è ancora perlopiù invisibile, trasparente come la sua natura stessa. Rappresenta oltre il 50% del fatturato di un centro ottico, non fa magazzino, si compra sul venduto, è concesso il più delle volte sbagliare per ottenerne una nuova. Se fosse un personaggio delle fiabe, sarebbe Cenerentola che ramazza e va al ballo di nascosto. Nessun tentativo di darle dignità di presenza e di immagine ha per il momento rotto questo incantesimo. Neppure l’ottico più professionale è riuscito a entrare nel ruolo del principe.

Una lente oftalmica è, salvo il premontato, pur sempre fatta su misura dopo una attenta valutazione del caso visivo che si ha di fronte. In base alla ricetta dell’ottico, l’industria o il laboratorio che la prende in carico si assume l’onere di una produzione altamente sofisticata, con una serie smisurata di passaggi per personalizzarla secondo le esigenze del cliente. Nessun articolo da prendere sullo scaffale, solo professionalità, tecnologia, esperienza e attenzione al processo. Eppure, cosa fa l’ottica? Almeno una parte di essa la riduce al ruolo di bottone di plastica, senza l’ambizione e la competenza di spiegare al portatore quanto tempo e denaro si sia investito per metterla davanti ai suoi occhi e fargli vedere meglio.

Da molti anni il mercato ufficiale dell’oftalmica si dichiara piatto sulla quantità di lenti vendute in Italia, ma in crescita sul suo valore. Sarebbe una buona notizia se il perdurare di tale situazione non portasse a credere che prima o poi il gioco si potrebbe rompere. Il 2022 sembra confermare la tendenza, con un segno meno evidente davanti ai pezzi e fortunatamente ancora un ottimo più per quanto riguarda il valore.

Possono esserci alcune spiegazioni a questo stato delle cose. Il mercato della presbiopia sta finalmente crescendo e le lenti progressive “pesano” più di quelle monofocali. Le stesse monofocali negli ultimi anni si sono dimostrate più performanti, soprattutto quelle studiate per una vita attiva e dinamica, e anche in questo caso se ne vendono di maggior valore. Inoltre, una parte significativa del sell in oftalmico potrebbe sfuggire al radar dei dati ufficiali, poiché i laboratori piccoli e medi, e qualcuno diventato grande, si sono affermati come una prima scelta per l’ottico italiano. Un po’ come è successo alla televisione e ai relativi dati Auditel da quando, con il nuovo millennio, sono nati la tv satellitare a pagamento e in tempi più recenti i dispositivi mobili: i risultati di ascolto si frammentano in tanti rivoli.

Se ciò fosse vero probabilmente sarebbe più comprensibile questo clima da “paese dei balocchi” per il retail dell’ottica nel contesto dell’economia italiana: resiliente a ogni crisi e persino alla pandemia, appetibile alla finanza esterna, socialmente apprezzabile dal grande pubblico. In sostanza, anche se Cenerentola continua a lavorare in cucina, il nostro ottico dorme ancora beato.

Nicola Di Lernia

Lenti oftalmiche