L’era dell’occhiale sapiens

A scuola ci spiegavano l’evoluzione del genere umano attraverso l’immagine della progressione dall’uomo “erectus” a quello “sapiens”. Oggi, nell’eyewear, siamo di fronte a un processo simile: dalla primitiva protesi al modello futuribile e intelligente

Dove ci porterà questa ennesima trasformazione? La parola occhiale, ci aiuta Treccani in questo, nasce nel XV secolo e deriva dalla parola occhio, in quanto attinente a tale organo. L’occhiale ci ha messo più di cinquecento anni per passare dal suo stato “erectus” a quello “sapiens” attuale. Il recente lancio dei Ray-Ban Stories, nati dalla collaborazione fra EssilorLuxottica e Facebook, è la naturale evoluzione di questi passaggi: dal primitivo uso come strumento correttivo a quello più immaginifico di smart glasses. Come si fa oggi a raddoppiare il prezzo di una montatura? La risposta di Essilux è aggiungerci tecnologia, innovazione, connessione e divertimento. L’occhiale erectus non avrebbe mai pensato di poter far divertire chi lo indossasse. L’adolescente che anni fa saliva le interminabili scale delle scuole elementari non avrebbe mai potuto credere che la propria protesi sarebbe potuta diventare di lì a poco un oggetto cult per gli amici che lo circondavano a merenda.

L’esperienza però ci insegna che, se siamo capaci di attendere con pazienza, il futuro sa anche sorprenderci. I Ray-Ban Stories oggi fanno molto per la nostra vita e visione digitale: indossati, fotografano per noi, ci permettono di ascoltare musica e di ricevere telefonate. Tutto qui, direte voi? Altri già lo facevano. Sì, ma non tutti hanno la forza di Leonardo Del Vecchio di accogliere Mark Zuckerberg, l’inventore di Facebook, in un paese del Cadore per condividere un sogno: quello dell’occhiale sapiens in grado di connettersi con il mondo digitale di Facebook e dei suoi quasi tre miliardi di utenti attivi. In meno di cinquant’anni, ovvero un decimo della storia dell’occhiale stesso, siamo passati dalla mera protesi al modello griffato, da quello di design arricchito di nuovi materiali come il titanio all’occhiale che diventa parte del nostro mondo attivo. Il primo di questi passaggi è ancora un’invenzione di Del Vecchio. Lo fece insieme a Giorgio Armani e la nostra crisalide iniziò lentamente a trasformarsi in una bellissima farfalla, ossia in un accessorio indispensabile e dalle molteplici forme e colori.

Il passaggio all’occhiale sapiens oggi però sorprende. Non tanto per la tecnologia, che prima o poi arriva dappertutto. Stupisce come il mondo oltre l’occhiale, nello specifico Facebook, abbia visto nella nostra icona il proprio futuro. Noi, del mercato, non ci avremmo mai creduto. Ci sta credendo anche Apple, che dovrebbe introdurre a breve su scala mondiale i suoi Apple Glass con particolare orientamento alla realtà virtuale e aumentata: pensate nel 2025 a un insegnante di scuole medie inferiori che spiegherà ai propri alunni, provvisti di Apple Glass, la caduta di Roma portandoli virtualmente nei luoghi stessi e facendola vivere in diretta.

Eppure sia i Ray-Ban Stories sia gli Apple Glass restano pur sempre occhiali, come l’uomo sapiens ha in sé il Dna dell’erectus. Serviranno quindi lenti da vista e la loro funzione primitiva, quella del vedere oltre un difetto visivo, rimarrà nonostante tutto prioritaria insieme alle principali tecnologie. Non so cosa potrà succedere a breve sui nostri banchi di ottica. Di certo va preso atto di questa trasformazione, non bisogna fare gli struzzi ma iniziare a testare l’occhiale e la sua tecnologia come esseri umani sapientes e curiosi. Come diceva Albert Einstein, “non ho particolari talenti, sono soltanto appassionatamente curioso”.

Nicola Di Lernia

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