Tutto bene? Anche no

Questa domanda retorica è diventata un apostrofo veloce di chi saluta e non desidera entrare troppo nei “particolari” del suo interlocutore. Un amico artista, a tal proposito, fermò per dieci minuti chi lo aveva salutato così raccontandogli che la moglie lo aveva lasciato, la figlia era andata a fare la foreign fighter e il padre era fuggito con la badante lasciandogli il cane da accudire…

Mido 2019 (nella foto) ha chiuso i battenti con numeri di espositori e di ingressi ancora al top. Al Mido non si può dire nulla. Ha riempito tutti gli spazi a disposizione, ha accolto e trasportato gli stessi numeri se non un pochino di più di visitatori. Negli ultimi cinque anni ha rinnovato la propria immagine di fiera internazionale, dove il business è anche riflesso di un benessere di chi fa, produce e vende in questo settore. Eppure il primo consuntivo, a caldo, sui successi di questa edizione mi lascia perplesso. Non si può non aver apprezzato in questo Mido la volontà del fare. In Otticlub sono stati presentati, tra gli altri, due progetti ambiziosi, come CERT.O da parte di Assogruppi e TiOptO e il Progressive Business Forum di FGE. Nel primo caso si vuole creare una filiera di valore verso il pubblico certificando la qualità del professionista e il suo percorso nell’offerta dell’occhiale. Nel secondo si vuole produrre un movimento che voglia e possa scuotere il mercato interno sul segmento progressiva-presbiopia avvicinandolo ai livelli europei. Tanta roba, si direbbe.
Da parte dell’industria ho potuto percepire la febbre della digitalizzazione, in realtà diverse come Luxottica, che di fatto si propone di diventare un content network mondiale in grado di comunicare da sola il valore dei propri brand al pubblico, o Thema, ad esempio. Da par suo Fedon ha lanciato un progetto di utilizzo e riciclo di materie prime come il mais e le mele di grande appeal e intelligenza. Tutte cose che pochi anni fa ci avrebbero fatto stupire o addirittura sorridere e ora ci affascinano o preoccupano. Probabilmente nella stessa logica rientra la presenza alla conferenza stampa di Mido dell’esperto economico Alan Friedman a dare quattro “aspirine” al nostro mercato. Il noto giornalista ha spronato le aziende italiane a sostenere l’export data la difficoltà politica di nazioni come Francia, Spagna e Germania (l’Italia no?) e la possibile discesa nel rapporto dollaro-euro. Ma l’affermazione di Friedman che mi fa più riflettere è quella che per sanare il mercato interno del consumo dobbiamo puntare ai Millennials e alla loro sete di sostenibilità. Ecco, qui mi sono sognato il giornalista che lascia la sala salutandoci con il fatidico “tutto bene?” senza ascoltarci o comprenderci, come un esperto di passaggio. In Italia vendiamo meno occhiali di quelli che ci servirebbero per sostenere tutto il comparto del retail e parte dell’industria. Lo facciamo perché ci è ostile il sistema sanitario e fiscale a monte, perché manca alla gente una cultura del bel e ben vedere, perché chi fa gli occhiali da vista a volte ignora tutta la tecnologia che ha in mano e le molteplici opportunità (vogliamo parlare della personalizzazione delle lenti?) e non si aggiorna nonostante tutto ciò. L’amico artista sarebbe orgoglioso di me.
Nicola Di Lernia

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