Venezia, tra il ponte di Luxottica e la corte sconta di Manuela

Giovedì pomeriggio, poche ore al decollo parigino per visitare i saloni del Silmo. Partire dalla Serenissima è come assaporare in anticipo la bellezza di Parigi senza i clacson delle auto, la grancassa dei martelli pneumatici, il tintinnio prima dell’arrivo della metropolitana

Arrivare all’aeroporto di Venezia con una barca è un lusso accessibile. L’aria è tersa mentre la luce si prepara al tramonto. Voglio concedermi due ore di bellezza prima di “salpare” per il Silmo. Da casa mia a Palazzo Grassi ci si arriva in dieci minuti a piedi. Però devi attraversare il Ponte dell’Accademia. Il grande “Lego” di legno che dal 1933 con i suoi 167 gradini ha fatto di noi veneziani gli scalatori più felici del mondo. Perché dalla cima del ponte hai la più bella vista della Terra. Gli architetti di allora lo realizzarono in 37 giorni per sostituire il precedente ponte sospeso in ferro che contava solo 23 gradini in un’unica arcata, che tuttavia dava grossi cenni di cedimento. Ma oggi attraversare il nostro ponte mi comunica una nuova sensazione.
A breve i lavori di restauro partiranno per sette mesi con il contributo di Luxottica a copertura totale dell’operazione. Sono felice di questa scelta ma anche smarrito. Domani quando mi fermerò sulla cima del ponte e vedrò quello che ho sempre amato e sempre qualcosa di nuovo non potrò non scorgere all’orizzonte anche il sorriso e il capello bianco ben pettinato del Cavalier Del Vecchio. Chiudo gli occhi, scendo, due gradini alla volta e mi infilo nel percorso più veloce e meno conosciuto per arrivare a Palazzo Grassi. Visito la mostra di Damien Hirst. Narra la storia di un galeone romano inabissatosi con un tesoro di opere d’arte romane. Pare che l’artista le abbia recuperate e abbinate ad altre sue contemporanee. Ma qui i critici sono solidali. Hirst si è inventato una favola. A Venezia le favole sono dietro l’angolo. Percorro la salizada San Samuele, usuale per chi visita il Museo e scorro le parole di Corto Maltese: Venezia m’innamora e mi impigrisce. Non faccio in tempo a finirlo quel pensiero senza voce che noto da una piccola porta di una piccola vetrina una luce sostenuta che arriva da una corte interna. Entro, alla ricerca della mia “corte sconta detta arcana”, sempre citando il personaggio di Hugo Pratt. Saluto e salto il primo abitante ma la seconda mi blocca. «Buongiorno, mi dice, posso offrirti un caffè sulla corte?». Solo ora mi accorgo che è un negozio di ottica. Aperto da pochi mesi da Manuela, una giovane ottica vicentina che ama Venezia come i suoi occhiali. Mi siedo nella corte sconta, cioè nascosta, e la ascolto nel suo sipario di magliette stese ad asciugare. Oltre gli occhiali, dritto agli occhi. È quello che scrive di lei, è quello che fa con me. Nessuna montatura di Luxottica, solo occhiali e quadri che si sono lasciati scegliere dalla sua “pancia”. Esco, senza dirle che a pochi metri Luxottica spenderà quasi due milioni di euro per il restauro del ponte che lei probabilmente percorrerà ogni giorno. Questo incontro fra la ragione e l’emozione mi ha sistemato lo stomaco e finalmente posso partire per Parigi come salperebbe Corto Maltese. Con il desiderio di crescere e quello altrettanto forte di tornare. 
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