Vision Pro? Non è un occhiale, ma un computer da indossare

Si tratta del primo “spazial computing”, come lo ha definito Apple, che mette in relazione realtà e informatica. Presentato nei giorni scorsi a Cupertino, nelle intenzioni della casa madre rappresenta una nuova categoria di prodotto che nulla ha a che fare con il passato. Come il primo Mac del 1984

Apple non poteva certo arrivare per ultima nel mercato degli occhiali per la realtà virtuale e aumentata. Dopo i tentativi di altre realtà, Apple introduce il suo visore con obiettivi a medio e lungo termine, cercando di ricalcare l’avventura di successo del Macintosh.

Il primo Mac oggi avrebbe un costo aggiornato intorno ai 7.000 dollari. Vision Pro (nella foto, tratta da apple.com) è stato lanciato negli Stati Uniti a 3.500 dollari e probabilmente in Italia lo vedremo alla fine del 2024. Non c’è fretta, dicono in Apple: per un cambio generazionale del computer, non possiamo pensare ai successi lampo degli Apple Watch e degli AirPods. Come si posiziona questo straordinario strumento di tecnologia? Ha l’obiettivo di migliorare le performance di chi lavora e, allo stesso tempo, intrattenerlo e fargli scoprire tutti i contenuti che verranno realizzati dai 30 milioni di sviluppatori di app devoti al gruppo statunitense.

In un interessante podcast del Corriere della Sera si narra dell’esperienza della giornalista Michela Rovelli invitata a Cupertino a provare Vision Pro per circa 30 minuti. Qual è stata la prima domanda posta alla professionista per offrirle la migliore dotazione possibile? Se aveva necessità di correzione visiva. Alla risposta affermativa si sono preoccupati di inserire delle lenti all’interno del visore, dopo aver scannerizzato il suo volto e personalizzato Vision Pro sulle sue misure. Il dispositivo si comanda con lo sguardo attraverso due telecamere e la maschera è un unico pezzo ricurvo sul cui schermo Oled è visibile la riproduzione degli occhi della persona, per non isolarla dall’ambiente circostante. La giornalista è stata positivamente impressionata da quella che ha definito una maschera da sci ben aderente e leggera nonostante la quantità di telecamere e sensori posti al suo interno.

Ci troviamo di fronte quindi a una nuova categoria di prodotto. Quella del computer da “indossare”. Secondo il podcast del Corriere ci sono almeno tre punti di forza di Apple perché si possa credere che sarà un futuro successo. La visione dell’azienda più capitalizzata al mondo. Dieci anni di lavoro sul progetto. L’utilizzo ibrido tra produttività lavorativa, comunicazione personale (grazie a FaceTime) e intrattenimento immersivo. La realtà virtuale creerà, infatti, esperienze immersive. Quella aumentata oggetti composti da milioni di pixel che si intrecciano con la realtà. Probabilmente chi indosserà questa maschera potrà allo stesso tempo divertirsi, comunicare, accedere a fonti informative che gli permetteranno di crearsi un vantaggio competitivo rispetto agli altri.

Ma la gente vorrà prima o poi mettersi una maschera sugli occhi? Lasciando aperta la risposta, sorge una considerazione sull’impatto di Vision Pro sulla vista e sull’ottica. Le lenti correttive sono poste a 3 centimetri dagli occhi, appoggiate alla maschera. La persona che indosserà Vision Pro leggerà, quindi, non a 40 cm come sul pc, non a 20 cm come succede con lo smartphone, ma a 3 cm. Naturalmente senza l’uso di una montatura. Oggi un’innovazione simile non sembra preoccupante. Come ha detto la stessa Apple, si parte lenti, consci di una possibile nuova era dell’informatica da far apprezzare. Ma tra vent’anni cosa succederà? Quale sarà il ruolo dell’ottica in tale contesto?

Nicola Di Lernia

Professione