Un mercato senza numeri è un vaporetto senza radar. Se c’è il sole parte, se c’è la nebbia se ne sta fermo e la gente rimane a terra. Sta succedendo questo anche nel nostro settore? E perché non se ne parla?
Gli ultimi dati di Anfao riguardo l’andamento dell’industria dell’ottica in Italia e nel mondo nei primi sei mesi del 2018, seppure privo di scogli a vista, non sono per nulla rassicuranti. Ci stiamo abituando da tempo a perdere, pur di misura. Le colpe sono naturalmente quelle degli altri, un giochetto che ha imparato anche l’imprenditore ottico mutuandolo dall’alto. Una volta è il maltempo, un’altra sono le elezioni, poi il governo appena eletto, gli isterismi di Trump e avanti così all’infinito. Un’apparente range di scuse esaustive che paiono risolvere il problema principale solo perché sono tante e tutte dettate dal buon senso. Nessuno sa tuttavia dove sta il male non curato che da anni vede il mercato interno, circondato però da luci e cotillon, perdere costantemente in volumi e, oggi, anche in valore. I dati che arrivano con il contagocce, o come una bomba d’acqua al Mido, non permettono di interiorizzare una situazione che rischia di deteriorarsi se non si apre un confronto serrato tra gli attori del mercato, anche quelli più scomodi. Se non siamo in grado, assieme, di affrontare il problema dandogli una forma concreta non sarà mai possibile individuare una soluzione veloce, pragmatica e comune. Continueremo a usare il buon senso, come i topolini cui hanno spostato il formaggio.
Pur con i pochi dati in nostro possesso, si possono accennare due scenari: uno positivo e l’altro disastroso. Nel primo, se convinciamo tutti insieme il pubblico, e gli oculisti, che acquistare un solo occhiale ogni tre anni è una scelta a discapito della sua qualità della vita e che le dotazioni devono essere allineate alla sua giornata, potremmo già in un triennio risolvere molti dei problemi sui numeri delle buste. E se continuiamo a fare formazione tecnica e psicologica a chi visita e vende sui temi nevralgici dell’ottica di oggi, molto probabilmente continueremo a vedere la scaletta del valore crescere. Invece, se tutti saremo, silenziosamente e colpevolmente, d’accordo nel non fare nulla, vedremo nei prossimi tre anni l’incremento del valore arrestarsi e ci abitueremo a perdere ogni anno una percentuale di buste, per poi rimanere senza il formaggio che serve a mantenere l’impresa.
A chi afferma che il nostro mercato non è stato poi così colpito dalla crisi come altri, e quindi ritarda inconsapevolmente il tempo delle risposte, va ricordato che l’ottica non è solo moda e accessorio, dove tra l’altro la perdita dell’occhiale da sole è inarrestabile, vicina a due cifre, e anche quest’anno tendenti a scomparire dai centri ottici; ma soprattutto esigenza correttiva, quindi legata a un acquisto ciclico e necessario.
L’anoressia è una malattia grave e pericolosa, l’unica psicopatologia in grado di uccidere. Il 50% dei casi non sono risolti e la sua insorgenza, in un paese di obesi, si sta incredibilmente abbassando agli 11 anni. Se ne parla poco, se non per fare pubblicità shock a delle mutande. Non vorrei che l’Italia stesse diventando un luna park dove le luci non si possono spegnere per un attimo di riflessione, perché tutti hanno paura di perdere un giro di una giostra obsoleta.
(Nicola Di Lernia)