Glaucoma: i modelli pubblici per gestirlo sono inadeguati

Lo sottolinea Mario Barbuto, presidente di Iapb Italia, che dal 10 al 16 marzo ha organizzato la tradizionale iniziativa di sensibilizzazione a livello nazionale su questa patologia della vista

Per informare sui rischi e i danni che può arrecare questo “ladro silenzioso della vista”, che colpisce nel mondo quasi 76 milioni di persone, circa 1 milione nel nostro paese, nei giorni scorsi è tornata in cento piazze italiane “La Settimana Mondiale del Glaucoma” di Iapb Italia Onlus (nella foto, la locandina dell’iniziativa), campagna di sensibilizzazione che coinvolge in modo capillare i territori, grazie alla collaborazione delle strutture territoriali dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, con la distribuzione di opuscoli informativi nelle piazze dei capoluoghi di provincia, interviste a oculisti sui media locali e controlli gratuiti o visite oftalmologiche di approfondimento.

Per sapere se si ha il glaucoma, è sufficiente rivolgersi a un medico oculista che con una visita specialistica può diagnosticarlo in tempo. «Sembra di poter affermare che gli attuali modelli sanitari non sono più in grado di gestire il bisogno di salute visiva di una popolazione che richiede che la prevenzione entri efficacemente nei percorsi di cura: ne è prova l’esistenza di lunghe liste di attesa - sostiene in un comunicato Mario Barbuto, presidente di Iapb Italia Onlus - Noi riscontriamo una consapevolezza nella popolazione, per certi versi timidamente accresciuta, sulla necessità di prevenzione delle malattie oculari, ma l’offerta pubblica utilizza vecchi modelli di salute oculare, incapaci di assicurare l’accesso a una visita oculistica a coloro che rischiano di perdere in tutto o in parte la vista. Più precisamente, non c’è ancora una selezione a livello territoriale che faccia da filtro per garantire a coloro che necessitano di accedere prioritariamente alle cure di raggiungere rapidamente i centri specializzati, ossia gli ospedali. In tal modo si liberano gli ospedali stessi dalla pressione di visite differibili e si tutela la vista di chi è più a rischio ipovisione e cecità. Perciò il Servizio sanitario nazionale si deve riorganizzare per garantire l’accesso effettivo ai servizi pubblici oftalmici».

(red.)

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