Perché i giovani non amano l’ottica

La distanza tra i ragazzi e la nostra professione resta un tema caldo: il retail è sempre alla ricerca di capitale umano e la scelta di ritagliarsi un proprio spazio formativo potrebbe non bastare

Cosa vogliono i giovani dal lavoro? Risposte eloquenti arrivano da una ricerca pubblicata il 20 febbraio su Corriere Economia, a cura di Federmeccanica e di Daniele Marini, sociologo molto quotato, che ha creato un panel di 1.200 persone, rappresentativo della popolazione italiana. Il principale dato emerso è che i giovani “esprimono un’idea di lavoro orientata e interpretata come un percorso di carriera fatto di opportunità di crescita professionale e di mobilità, meno legata a un posto fisico del lavoro”. Secondo l’indagine di Marini, la concezione del posto di lavoro ereditata dagli anni 60 pare morta. Alla domanda sull’intenzione o meno di cambiarlo, nella fascia di età tra i 18 e i 34 anni quasi due su tre hanno detto sì. Non è diversa la tendenza se si sale fino a 49 anni: sono uno su due. Se per quasi il 35% di loro il cambio è determinato dalla maggiore retribuzione e per oltre il 13% dalla opportunità di carriera, gli elementi “immateriali” pesano in parti uguali: quasi il 20% cambia per migliorare la salute fisica e mentale, il 12% per mettere a frutto le proprie passioni, il 13% per la flessibilità degli orari. Il tutto fa, anche qui, un altrettanto significativo 45%. Elementi economici e personali si bilanciano come se ai nostri servissero sì denaro e carriera, ma anche benessere, emozioni, vita in generale.

Il tema dei giovani e della distanza dalla professione di ottico è stato tra i must dell’ultimo Mido, come hanno ricordato Andrea Cappellini nel confronto con la parlamentare Marta Schifone e Sergio Cappa su questo quotidiano. Con la legge del 1928 il legislatore ha definito la doppia valenza della figura dell’ottico: imprenditore e commerciante nonché professionista. Da tempo evidenzio la mancanza in ambito scolastico della parte aziendale, ovvero della formazione alle abilità di gestire la relazione con il cliente e il mondo che ci scorre davanti e di condurre, anche se in un secondo momento, un’impresa. Questi aspetti vengono generalmente gestiti in master post diploma o di specializzazione come integratori e non componenti di una moderna figura di ottico optometrista. Un errore, ma non l’unico, che sta continuando a produrre ogni giorno di più un solco profondo tra le aspettative dei giovani e l’offerta dell’ottica attuale.

La ricerca di Marini evidenzia come i giovani di oggi cerchino stimoli professionali e personali che in prima battuta corrispondano a buoni salari e percorsi di carriera: la stessa indagine ha evidenziato come, a sorpresa, la vicinanza del posto di lavoro pesi solo per il 6,5% degli intervistati. “La soggettività dei lavoratori si prende il suo spazio - si legge nell’articolo di Corriere Economia - Lavoro e vita si riavvicinano ma la seconda non si annulla più nel suo partner, tanto che il 18% si dimette anche al buio”. La nostra offerta formativa verso i giovani va ripensata alla luce di queste riflessioni post pandemia e persino nell’anniversario del primo anno della guerra in Ucraina: il mondo, le persone sono cambiate radicalmente nei loro valori. E l’ottica deve sapersi adeguare.

Nicola Di Lernia

Professione