Cosa succede dopo i 40 anni: sdrammatizziamo la presbiopia e facciamone un business

Professione

I capelli con l’età diventano meno folti. Questo problema si verifica soprattutto negli uomini. Il 50% degli uomini diventa calvo dopo i 40 anni. Anche le donne perdono i capelli ma più lentamente degli uomini. Sì, è sgradevole ma c’è anche un vantaggio: anche i peli del corpo cominciano a smettere di crescere. Diminuisce l’altezza. Cominciamo a contrarci dopo i 35 anni, quando raggiungiamo l’altezza massima per poi iniziare a perdere centimetri. A 80 anni una donna può aver perso fino a 8 cm, un uomo fino a 5. Motivi? Nel lento processo di invecchiamento i dischi delle vertebre diventano più sottili e si perde tessuto osseo. Il metabolismo rallenta. Ogni 5 anni, dopo i 25, perdi il 5% di metabolismo. A 45 sei già al 20%. Significa che se hai un introito di 1.800 calorie al giorno devi ridurne l’assunzione del 10% altrimenti ingrassi. La donna tende a guadagnare circa 7 chili tra i 40 e i 55 anni. Ma dai 42 anni iniziano nuovi progetti. Le donne in particolare arrivano ai 24 anni con la visione del proprio futuro rosea e ricca di aspettative, ai 40 anni toccano il punto più basso della loro curva emotiva, che coincide con la consapevolezza degli errori commessi. Toccato il fondo si risale: le statistiche dimostrano che, nella maggior parte dei casi, le donne di 42 anni ritornano a essere felici e spesso cominciano a valutare la possibilità di una nuova storia d'amore, persino con uomini più giovani. Il tempo giusto per un nuovo progetto di salute e benessere personale. Anche nella vista.
Da domani va disegnata una nuova ottica pensata solo per questo pubblico di quarantenni e oltre che ha l’obbligo di maturare in efficienza e serenità. Per iniziare alla grande conosco uno stratagemma. Quello dello scalatore. Lo utilizzano i più esperti per scalare una montagna importante. Partono dalla vetta e disegnano il percorso a ritroso. Perché non partono dalla base? Perché se lo facessero potrebbero arrivare a un punto dove si rendono conto di non poter proseguire. E, comunque, partire dalla vetta è un po’ come esserci già arrivati. Prendete carta e penna e disegnate un triangolo. Nella parte più alta metteteci un puntino che definisce qual è l’obiettivo da raggiungere. Descrivetelo in maniera analitica e concreta. Sotto quel puntino ponete l’obiettivo precedente da raggiungere e così via, fino alla pianura, il punto di partenza. Io l’ho fatto per testare il concetto dell’ottica 2.0 dedicata agli over 40. In punta ci ho messo il Lifetime Value, il valore del cliente nel tempo, ovvero il valore economico che noi diamo o dovremmo dare a ogni singolo cliente. Se ci lavorate, potreste raddoppiare qualsiasi valore del singolo. Il mio pasticciere l’ha fatto con me. Vado da lui tutti i giorni lavorativi per 10 mesi circa all’anno per la colazione. Spendo 2,50 euro al giorno per 20 giorni e 10 mesi per un totale di 500 euro. Non male, ma lui si è proposto di farmi spendere di più. Attraverso i social mi avvisa di dolci realizzati per le feste e mi stimola a comprarli da lui. Infine, prima di chiudere, dato che apre molto presto, si è inventato un “happy together”, ovvero uno spritz di fine giornata accompagnato con eccellenti stuzzichini. Risultato?  Ha raddoppiato il mio Lifetime Value di un anno passando da 500 a 1.000 euro.
Un gradino sotto e troviamo lo standing, il vostro standing. Letteralmente significa “stare in piedi”, in sostanza è la reputazione che ci siamo costruiti attorno per poter fare ciò che facciamo e per quanto ci facciamo pagare. Lo standing per un professionista dell’ottica e optometria è tutto. Il successo può essere negato, anche su una conoscenza elevata, se il professionista non ha fatto su se stesso un percorso personale che lo ponga di fronte alla gente come il numero uno.
Sotto lo standing ecco l’ottica slow: di fronte a un pubblico che ha sempre fretta deve riportarlo a un binario di consapevolezza che ciò che vede è ciò che lo rappresenta. “Sei ciò che vedi” è il messaggio stile pubblicità progresso che vi invito a cavalcare, ossia ricordare alle persone che l’80% delle informazioni che definiscono il loro vivere di tutti i giorni passa attraverso i loro occhi. Se gli occhi non ci vedono bene è come uno smartphone che non prende il segnale.
Un gradino sotto, e siamo arrivati in pianura, ecco il progetto di salute e benessere personale. Gli over 40 sono i migliori clienti: un “rinascimento personale” in cui la vista può fare la parte del gigante, se siamo in grado di spiegarlo prima. Considerando che la prima dotazione di occhiale progressivo in Italia avviene a 56 anni, mentre in altri paesi arriviamo a 45, di fatto avete perso 12 anni, 144 mesi e 4.320 giorni di progetto di benessere visivo di quel cliente. Soldi ma soprattutto senso di impotenza, mentre in Italia ogni anno si vendono 5 milioni di premontati. Se dobbiamo puntare a un nemico, come nella celebre "Bustina di Minerva" di Umberto Eco, puntiamo all’annullamento dell’automedicazione, dell’autoprescrizione del popolo italiano over 40. Riduciamo del 20% l’uso dei premontati e avremo ottenuto la nostra prima vittoria. Questa, bisogna ricordarlo, è e sarà una “guerra di campanelli”.
Nicola Di Lernia

Il cliente di progressive e l’ottico: buon rapporto, ma su due punti può fare meglio

Professione

«In un contesto positivo, in cui i clienti si dichiarano soddisfatti della propria esperienza di acquisto e del prodotto che hanno acquistato, emergono alcuni punti da tenere in considerazione: il canale online risulta ancora piuttosto marginale per l’acquisto di lenti progressive, mentre l’ottico detiene il ruolo di attore principale nel consigliare la lente, nel fornire indicazioni circa la sua manutenzione e il suo utilizzo, nel fidelizzare i clienti al riacquisto presso il medesimo punto vendita». È quanto si evince dalle risposte dei 504 italiani over 45 intervistati, uomini e donne, che negli ultimi sei mesi hanno acquistato un paio di occhiali con lenti progressive.
«I dati raccolti mettono in evidenza due aree passibili di miglioramento: da un lato, il tema pricing, che risulta essere superiore rispetto alle aspettative di più del 50% dei clienti finali, quando sollecitati sull’argomento; e, dall’altro, il fatto che solo 1 ottico su 3 fornisce un servizio di customer care post vendita, area che potrebbe essere implementata in virtù della fidelizzazione dei clienti», si legge nelle sintesi dei risultati del sondaggio, commentati sul palco dell’auditorium del Palazzo dei Congressi da Nicola Di Lernia e utilizzati come spunto di riflessione anche nelle tavole rotonde della giornata di lavori a Firenze.
Se dunque il 93% degli intervistati si dichiara molto o abbastanza soddisfatto dell’esperienza d’acquisto dell’occhiale con lenti progressive, il 58% ha tuttavia dichiarato che il prezzo finale era più alto di quello che aveva in mente e solo il 31% di essere stato contattato dopo l’acquisto per sapere dell’adattamento dell’occhiale (nella foto, una delle slide del sondaggio presentate al Progressive Business Forum).
A.M.

Progressive: venderne di più è questione di domande e risposte

Professione

Le domande sono le tante che l’ottico dovrebbe fare al proprio cliente, che oggi si mostra molto più consapevole, grazie alla costante navigazione sul web prima di un acquisto, per informarsi ma anche per cercare lo store locator, come ha sottolineato Luca Strigiotti di Essilor Italia. Dopo le domande, tuttavia, il professionista della visione deve dare delle risposte all’utente: per esserne all’altezza, occorre investire in formazione, frontale ma anche con gli strumenti digitali oggi a disposizione, come ha ricordato Pietro Speroni di Carl Zeiss Vision Italia, il quale ha anche sottolineato che bisogna comunicare bene le varie caratteristiche dei prodotti nel pre nonché nel post vendita, così da tenere ingaggiato il cliente. Quest’ultimo, inoltre, va educato anche sulla percezione del prezzo: un paio di occhiali con lenti multifocali è caro o costoso? Lo ha provocatoriamente chiesto alla platea Michele Villotti di Rodenstock Italia, secondo cui il costo presuppone un valore che si deve creare nella vendita, mentre la percezione al momento dell’acquisto di certi prodotti, ad esempio nella filiera del “bianco”, è spesso quella della banalizzazione.
Le risposte al sondaggio online e i dati di sell out delle progressive negli ultimi dodici mesi non devono, tuttavia, far dimenticare quello che a detta di Maurizio Veroli di Hoya Italia è il nodo principale, cioè i presbiti semplici, quelli che prima della soglia critica dei 45 anni sono entrati in un centro ottico magari solo per comprare un paio di occhiali da sole: va quindi approcciato quel mercato dei cinque milioni di premontati stimati che ogni anno vengono acquistati in Italia, puntando su monofocali a supporto accomodativo, nonché elevando la percezione del valore con un’ampia gamma di prodotti che abbiano tutti un buon rapporto prezzo-qualità. Del resto, come ha spiegato Paolo Pettazzoni, presidente di Anfao Gruppo Lenti, quei cinque milioni di utenti non passeranno facilmente e direttamente alle progressive: per ovviare a questo, esistono prodotti “intermedi”, come le digressive ad esempio. Inoltre tutti dovrebbero ragionare sul segmento medio delle multifocali, quello dai 150 ai 250 euro, che deve avere contenuti importanti: ampliando i volumi di vendita in questa fascia si potrà fare il salto di qualità auspicato, anche perché poi l’utente ingaggiato potrà attuare un upgrade del proprio occhiale multifocale, riducendo così un altro dei problemi identificati, il tasso di rotazione, ancora penalizzante per il mercato italiano (nella foto, da sinistra, Pettazzoni, Villotti, Veroli, Strigiotti e Speroni).
A.M.

Progressive: il prodotto c’è, ora puntiamo alla comunicazione

Professione

I dati dell’indagine di mercato effettuata da questa testata su oltre 500 consumatori, contattati dopo l’acquisto di una montatura con lenti progressive, hanno rivelato un importante elemento: se da un lato l’utente finale è soddisfatto del prodotto (il 93%) non lo è altrettanto del centro ottico (si scende al 79% e al 60% sull’eventuale consiglio del punto vendita ad amici e parenti). «Questo gap è indicativo: significa che il prodotto c’è, ma non viene proposto adeguatamente ed è un aspetto sul quale dobbiamo lavorare», ha detto Marco Procacciante, amministratore delegato di Vision Group per il quale anche il circa 90% di soddisfatti non rappresenta un dato del tutto positivo. «Significa che perdiamo quasi 2 clienti ogni 10», ha sottolineato.
«Questa analisi va letta come un bicchiere mezzo vuoto che deve spronare al cambiamento - ha commentato Massimo Barberis, direttore generale di Optocoop Italia-Oxo - Trovo singolare, ad esempio, che solo un consumatore su tre venga richiamato nel post vendita: la distribuzione oggi deve presidiare tutti i punti di contatto, prima e dopo l’acquisto, con il cliente ed è questo un elemento su cui dobbiamo lavorare». Barberis, inoltre, vantando un’esperienza ventennale nell’industria, ha indicato cosa è più difficile far funzionare nel retail. «Sicuramente il Crm - ha detto - Il suo uso sistematico potrebbe rappresentare un grande cambiamento culturale per il nostro settore».
Altro punto dolente i giovani presbiti che, sempre dati alla mano sono in crescita negli ultimi cinque anni di oltre un milione di soggetti, non sono adeguatamente equipaggiati e sono spaventati dal costo del prodotto anche solo per una piccola correzione. Il suggerimento di Laurent Schmitt, amministratore delegato di Netcity, è aprire al pubblico i laboratori del centro ottico. «Mostrate quello che fate e le varie fasi di lavorazione di una montatura con lenti progressive», ha consigliato il manager.
Chiude Procacciante sullo spauracchio internet. «Se dal sondaggio risulta che il web non è il canale attraverso il quale l’utente acquista lenti progressive, sicuramente è il principale mezzo con cui cerca informazioni - ha detto - Nel centro ottico bisogna puntare alla customer journey: ci devono essere tutti gli elementi che mettano il professionista nelle condizioni di prescrivere la lente giusta con l’adeguata strumentazione e il consumatore di percepire i benefici che può ottenere, il reale valore del prodotto e il lavoro che c’è dietro» (nella foto, da sinistra, Vettore, Schmitt, Barberis, Procacciante e Fabrizio Valente, fondatore e amministratore delegato di Kikilab).
F.T.

Abati: rimettere l’ottico e le sue capacità al centro della filiera

Professione

Sarà una mattinata intensa: da una parte i corsi incentrati sulle soluzioni per la migliore compensazione della presbiopia, all’interno del programma di Progressive Business Forum; dall’altra, in plenaria, si terrà sino alle 13 L’ottico che verrà, iniziativa di cui sono artefici la Scuola Internazionale di Ottica e Optometria di Firenze, insieme al suo ramo formativo dedicato alla gestione aziendale, la Sga, e all’editore di questa testata.
«La massificazione delle vendite dell’occhiale legato alla moda sta appiattendo la professionalità dell’ottico optometrista, soprattutto in un mercato in cui il consumatore è sempre più deciso e molto spesso conosce già quello che vuole acquistare grazie a internet, divenuto peraltro anche un competitor tramite l’e-commerce». Parte da questi presupposti Silvano Abati (nella foto), direttore della Sioo di Firenze, per precisare a b2eyes TODAY quello che può rivelarsi il vero antidoto per il centro ottico indipendente: un'esperienza d’acquisto unica per il cliente finale. «Abbiamo perciò pensato a un convegno come questo, in grado di rimettere al centro della filiera le capacità dell’ottico, la sua abilità di saper apprezzare la qualità dell’occhiale, l’estetica ricercata sulla base della forma del viso, ma anche di rinverdire la sua professionalità, così che ritorni a essere basilare nella scelta della montatura, delle sue dimensioni, del suo adattarsi in relazione alla tipologia di lente che dovrà contenere», sottolinea ancora Abati.
(red.)

Iscriviti a Professione